“È giunto il momento di parlare di molte cose…”

Si tratta solo di risposte, domande pertinenti e il giusto tempismo

In Occidente ci è stato insegnato a chiedere e porre continuamente domande, per capire cosa stiamo facendo e chiedere spiegazioni su tutto. Questa è indubbiamente la base del nostro pensiero ed è questo atteggiamento che ci ha permesso di ottenere molti risultati straordinari sia in campo filosofico che scientifico. Peccato che questa propensione a chiedere, e chiedere continuamente, sia particolarmente fastidiosa per gli insegnanti di arti marziali orientali e per quelli giapponesi in particolare. Penso che sia capitato a chiunque abbia avuto modo di seguire un insegnante giapponese di sentirsi dire che “voi occidentali fate sempre troppe domande”. E questo ci viene detto senza particolare malizia, ma semplicemente come constatazione di quanto a volte possiamo essere fastidiosi ai loro occhi. Ma, nonostante tutto, non possiamo fare a meno di farci domande: vogliamo sapere cosa stiamo facendo e perché, e quando riceviamo risposte che non ci sembrano soddisfacenti, allora le interpretiamo o, peggio, le inventiamo secondo la nostra esperienza, le nostre convinzioni e capacità. Questo non fa che rafforzare i preconcetti che gli insegnanti hanno su di noi in un circolo vizioso senza fine.

Quindi cosa dovremmo fare? Smettere di fare domande? direi di no. Chiedere significa essere interessati e coinvolti, ma bisogna imparare a farlo al momento giusto e cercare di porre domande coerenti. Anche i docenti più conservatori (giapponesi e non) sono disposti a rispondere alle nostre domande, ma occorre farlo senza interrompere continuamente la lezione. In genere, almeno in Giappone, tra una lezione e l’altra c’è tempo per fare qualche domanda, o alla fine della lezione, davanti ad una birra fresca, quando c’è più tempo per rilassarsi e pensare a cosa è stato fatto prima sul tatami. Le domande sono legittime e stimolanti anche per l’insegnante che ha così la possibilità sia di mettere alla prova la sua capacità di spiegare sia di imparare qualcosa di nuovo. Se abbiamo dei dubbi, come studenti, dobbiamo chiedere, o come insegnanti, dobbiamo rispondere. Ma il tempismo è tutto.

Hyoshi (拍子)1  significa ritmo e tempo. Nell’Arte della Spada, avere un buon hyoshi significa muoversi al momento giusto. In pratica, durante il kumidachi (pratica con la spada con un partner), significa evitare di ricevere il bokken (la spada di legno) in testa o su un polso perché si è fuori tempo o si è colpito a vuoto. Significa, ad esempio, durante la pratica dello Iaido, impugnare la tsuka (l’elsa) al momento giusto per estrarre la spada nel modo giusto, evitando così di rompere la saya (il fodero), o tagliarsi un dito. Ci vuole pratica per imparare il tempo giusto, qualsiasi musicista può confermarlo. Ma senza questo insegnamento, saremo sempre in disarmonia con noi stessi, nel dojo e, soprattutto, nella vita di tutti i giorni. Quindi dobbiamo imparare a muoverci, parlare e pensare al giusto ritmo.

Possiamo e dobbiamo continuare a fare domande, cercando di essere meno fastidiosi, e soprattutto ascoltare attentamente le risposte che ci vengono date, ma questa è un’altra storia…

  1. Miyamoto Musashi ha scritto a proposito dello hyoshi nel suo capolavoro “Il libro dei cinque anelli