“Ci sono più cose in cielo e in terra…”1
Mi sono innamorato del Giappone e della spada giapponese da bambino, guardando un film in televisione, “The Yakuza” di Sydney Pollack2 con Takakura Ken e Robert Mitchum.
Il film aveva tutti gli ingredienti per affascinare: parlava di onore, amore, dovere, tradimento, yakuza, c’erano molta azione e due protagonisti con cui era facile immedesimarsi ed era una delle prime e rare volte in cui il Giappone e i giapponesi non erano trattati in ruoli caricaturali. E, soprattutto, c’erano duelli e uccisioni perpetrati a colpi di katana. Per me, bambino degli anni ’70, è stato anche il primo contatto con il Giappone, con Tokyo, e con tutto quell’immaginario “esotico” (oggi sarebbe impossibile per un bambino guardare da solo un film come “The Yakuza”, ma quella era un’altra epoca, né migliore, né peggiore, solo diversa.) Gli anime e i manga sarebbero arrivati di lì a poco, aumentando sempre di più l’interesse per quello “strano Paese”, per non parlare di “Blade Runner” che in un pochi anni avrebbero colonizzato il nostro immaginario collettivo in maniera così pervasiva.
Sarebbero passati molti anni prima che prendessi in mano una spada giapponese, o meglio una iaitō (居合刀), la spada da allenamento che usiamo nella nostra pratica artistica. Anni di viaggi, anche in Giappone, e pratica più o meno costante di Judo e Aikido. Poi, una sera, durante l’allenamento, il mio Sensei ci fece fare una lezione di Iaido, propedeutica a quello che stavamo studiando. Ricordo che quando raccolsi la spada e tentai goffamente di fare ciò che ci era stato detto di fare, pensai di aver trovato quello che cercavo da tempo nelle arti marziali. Da allora ho smesso di praticare altre discipline e mi sono dedicato allo Iaido. Sono passati tanti anni da allora e la pratica della spada mi ha accompagnato costantemente, aiutandomi a superare momenti complicati e facendomi crescere come persona.
Le radici dello Iaido risalgono al Giappone del XVI secolo, un periodo di grandi trasformazioni caratterizzato dalla fine del periodo degli Stati Combattenti, o periodo Sengoku, e dall’inizio dello Shogunato Tokugawa. In questo periodo e nei due secoli e mezzo a seguire la figura del bushi, più comunemente conosciuto come samurai, mutò drasticamente. In un’epoca come quella Tokugawa, caratterizzata da una pacificazione forzata, anche gli uomini d’arme dovettero cambiare radicalmente ruolo, non solo formalmente ma anche concretamente. Fu in questo periodo che si sviluppò la ricerca del significato sia psicologico che esistenziale da parte di questi guerrieri senza guerra e del loro rapporto con quella che era considerata l’estensione e la concretizzazione del loro spirito, ovvero la spada.
Lo Iaido moderno nasce da queste riflessioni e da alcuni fraintendimenti che lo riguardano. Spesso lo Iaido viene descritto come una sorta di meditazione eseguita con la spada, una ricerca interiore che avrebbe lo scopo di tagliare in due l’io con la lama affilata della katana. L’accostamento di quest’arte marziale con la filosofia Zen (sicuramente reale e con risvolti pratici per l’antico bushi) e con una sorta di indefinita metafisica, fa dimenticare non solo le finalità originarie di quest’arte, relegandola al regno della mera speculazione intellettuale e di una sorta di spiritualità artificiale. Ci impedisce di fare una seria riflessione e soprattutto anche di sviluppare una serie di abilità che possono permetterci di usare la spada, non come arma, ma come mezzo per trovare soluzioni ai problemi che ci affliggono.
Una delle traduzioni più accreditate dello Iaido è “vivere in unione con la via”. Ma cos’è questa unione, armonia “AI (合)”? Di solito, quando pensiamo all’armonia, ci viene in mente un mondo in pace, dove l’accordo regna sovrano (accordo e armonia possono essere usati indifferentemente).
La definizione del Cambridge Dictionary è la seguente:
un piacevole suono musicale fatto da diverse note suonate o cantate contemporaneamente;
una situazione in cui le persone sono pacifiche e d’accordo tra loro, o quando le cose sembrano giuste o adatte insieme;
Forse bisogna considerare che il concetto di armonia per i giapponesi è diverso. Per loro non si tratta tanto di creare o ricreare un mondo di pace nel senso che noi intendiamo (un mondo senza problemi e conflitti, che è una cosa molto new age) ma piuttosto di ristabilire un ordine stabilito che è stato sconvolto da qualche elemento fuori controllo, non importa se interno o esterno alla società. Nella società giapponese antica e, per certi versi, anche moderna, la pace era possibile solo se tutti gli elementi erano al loro posto. Quindi, in questo contesto, vivere in armonia può essere inteso come “fare la cosa giusta al momento giusto”. E, per cosa giusta, intendiamo quell’azione che ristabilisce l’ordine stabilito. Se vediamo le cose da questo punto di vista, il significato di AI, armonia, assume un significato diverso, più sottile e più difficile perché ci costringe a pensare al nostro posto nel mondo (soprattutto in questo mondo apparentemente senza senso). Prima di andare a caccia dell’ego forse sarebbe meglio provare a rispondere a questa domanda che non è solo esistenziale e appartiene solo al campo delle idee ma ha gravi conseguenze nella nostra vita quotidiana.
- La famosa frase completa è “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. “Amleto” Atto 1 Scena 5, William Shakespeare (intorno al 1600).
- La storia della realizzazione di questo film merita un altro post.