Alla ricerca dell’equilibrio perduto
Cosa distingue un leader da un manager, e qual’è la differenza fra leadership e management? Soprattutto oggi, quando molti manager pensano di essere anche dei grandi leader, mentre in realtà non sono altro che grigi burocrati, impegnati più a salvare la propria poltrona che aiutare e far prosperare le aziende per le quali lavorano, e molto spesso confondono la leadership con un autoritarismo da quattro soldi.
La leadership è l’arte di ispirare e motivare, un leader è colui che vede oltre l’orizzonte, che traccia un sentiero nel bosco reso fitto dagli obiettivi da raggiungere. Nel contesto delle arti marziali, la leadership dovrebbe essere incarnata dal maestro, o dal senpai che, con la sua visione, esperienza e saggezza, dovrebbe guidare gli allievi verso la scoperta non solo delle tecniche ma anche di se stessi. Spesso, però, così come nei dojo che nelle aziende di qualunque tipo, il leader non occupa i posti apicali all’interno dell’organizzazione. Il leader è quello che si prende le proprie e, spesso, le altrui responsabilità, per il bene e la crescita comuni e per questo può essere visto più come un ostacolo che come una risorsa.
La vera leadership è empatica, intuitiva, trasformativa. Si tratta di capire il cuore e la mente dei compagni di viaggio, di toccare le corde giuste per far vibrare le corde dell’azione collettiva. È l’abilità di dipingere un quadro così avvincente del futuro da rendere inevitabile il desiderio di farne parte. Il leader, aiuta, sostiene e incita, si mette in prima fila per guidare i compagni e per dare l’esempio, spesso silenzioso, con il suo lavoro e la sua dedizione. E, per inciso, non è affatto detto che un vero leader sia anche un buon manager.
Il management, d’altro canto, è l’ossatura su cui si costruisce il corpo dell’azione. Se la leadership è il soffio che infonde vita, il management è lo scheletro che sostiene e organizza. È la mappa dettagliata che, passo dopo passo, porta alla destinazione desiderata.
Il management è razionale, analitico, strutturato. Si concentra sui come, sui processi, sulle metriche. È la capacità di tradurre la visione in piani d’azione, di decomporre l’obiettivo monumentale in compiti gestibili, di assicurare che la nave raggiunga la destinazione attraverso le acque talvolta tempestose della realtà quotidiana.
Nell’arte della spada giapponese, così come nel guidare un team o un’organizzazione, l’equilibrio tra il cuore della leadership e la mente del management crea la strada verso il successo. L’uno senza l’altro è come un guerriero senza spada o una spada senza guerriero. Insieme, formano l’essenza dell’arte del guidare.
In questo equilibrio delicato tra ispirazione e organizzazione, emerge tuttavia una riflessione inquietante: perché, nel tessuto delle nostre organizzazioni, abbondano i manager mediocri mentre scarseggiano i veri leader? La risposta giace forse nella natura stessa di ciò che è più semplice misurare e, di conseguenza, riconoscere.
Il management, con i suoi processi, le sue metriche, e i suoi risultati tangibili, si presta a una valutazione immediata. “Quanti obiettivi hai raggiunto?” “Di quanto hai aumentato l’efficienza?” Sono domande le cui risposte si prestano a valutazioni numeriche, a tabelle di performance, a riconoscimenti tangibili. In questo mondo di presunta concretezza, di trimestrali, il manager senza qualità spesso prospera, navigando a vista, focalizzando l’attenzione più sul mantenimento dello status quo che sul raggiungimento di nuovi obiettivi.
La leadership, d’altro canto, è un’entità più sfuggente, più difficile da misurare con indicatori immediati, soprattutto se praticata sottovoce, senza urlare se non quando strettamente necessario. L’ispirazione, l’influenza, la capacità di trasformare visioni in realtà sono qualità che si dispiegano nel tempo, che trovano la loro conferma non nei bilanci trimestrali ma nel legato duraturo lasciato nelle persone e nella cultura organizzativa. I veri leader sono quelli che piantano alberi sotto cui forse non si siederanno mai, che costruiscono fondamenta su cui altri costruiranno.
In un’epoca che premia l’immediatezza, la sfida sta nel riconoscere e coltivare la leadership autentica, quell’elemento trasformativo che sposta l’ago della bilancia non solo verso il successo immediato ma verso un impatto duraturo. L’arte marziale dello iaido insegna che la vittoria non sta nel colpire per primo, ma nel sapere quando e come agire con intenzione e attenzione. Allo stesso modo, nelle nostre organizzazioni, il bisogno di leader che sappiano guardare oltre l’orizzonte immediato, che ispirino al cambiamento e guidino con saggezza e integrità, non è mai stato così pressante.
La discrepanza tra la preponderanza di manager mediocri e la scarsità di buoni leader solleva quindi un interrogativo fondamentale sul futuro del nostro tessuto sociale e professionale. Sarà forse il momento di rivalutare i criteri con cui misuriamo il successo, di spostare il focus dalle sole metriche immediate a quelle che indicano una crescita sostenibile e un benessere diffuso? È un compito arduo, certamente, ma essenziale se desideriamo coltivare non solo organizzazioni di successo, ma società floride e armoniose.